È possibile lasciar appassire i grappoli d’uva sulla vite senza, per questo, passare per dei folli? Ebbene sì! L’appassimento controllato e “intenzionale” delle uve possiede, alle sue spalle, una grande tradizione enologica. Il motivo è presto detto: con l’appassimento gli zuccheri dell’acino si concentrano maggiormente, dando così vita a vini di maggiore dolcezza e dal sapore più intenso.
La vendemmia tardiva si definisce così proprio perché avviene più tardi rispetto al periodo tradizionale di raccolta. In genere parliamo di fine ottobre, inizio novembre, quando le vite ha ormai completato il suo ciclo vegetativo e i frutti sono più che maturi.
C’è da dire che l’Italia non possiede una grande tradizione enologica per quanto concerne le vendemmie tardive. Nel Belpaese, si è sempre privilegiata la scelta – quando si tratta di produrre vini di sapore più dolce – di lasciar appassire il frutto una volta reciso dalla pianta. È il caso, ad esempio, del Vinsanto o del Passito di Pantelleria. In questi casi le uve vengono lasciate appassire su appositi graticci, in locali ventilati a temperatura controllata.
La tradizione delle vendemmie tardive è quindi figlia delle zone centro-europee, in particolare l’Alsazia, dove vengono particolarmente apprezzati vini più aromatici, dolci, zuccherini, dai sentori più intensi del normale. L’alternanza di un clima caldo e secco con condizioni di umidità più persistenti, soprattutto durante le prime ore del mattino, ha favorito, in queste zone, il diffondersi della botrytis cinerea: un fungo che intacca le uve e produce, oltre ai naturali “scarti”, la cosiddetta “Muffa Nobile”.Questa muffa intacca, come detto, il singolo acino e ne favorisce l’appassimento, aumentando il grado zuccherino, senza danneggiarlo.