Maturazione e affinamento: quando si decide di imbottigliare il vino

Into the wine
di Enrico Nocera
Maturazione e affinamento: quando si decide di imbottigliare il vino
Enrico Nocera

Enrico Nocera

Sommelier diplomato alla Scuola Europea Sommelier e giornalista enogastronomico.

Se è vero che il vino buono nasce in vigna, altrettanto importanti sono quei processi che seguono il periodo della vendemmia. Quelle che, in gergo, si definiscono attività di cantina. Alla fase di vinificazione, infatti, segue una serie di procedimenti che serve – anzitutto – ad ammorbidire le spigolosità, far maturare i sentori ancora troppo acerbi, permettere al vino di assumere ricchezza e complessità. Ecco perché nasce la fase di maturazione.

Per i vini più giovani si utilizzano, in genere, contenitori inerti, il più diffuso dei quali è l’acciaio. Per quelli maggiormente strutturati, come un Brunello di Montalcino o un Nobile di Montepulciano, si utilizza anche il legno. Le botti possono essere sia grandi (in genere da 10 o 20 ettolitri) che piccole: le cosiddette barrique (tra i 225 e i 228 litri). Perché il legno, e in particolare le barrique? Per cedere al vino le sostanze tanniche derivanti dalla tostatura del legno e per donare aromi ancora più profondi e complessi.

Le botti più piccole, infatti, assicurano un maggior rapporto superficie/volume: questo vuol dire che il contributo organolettico del legno sarà fondamentale, così come l’apporto termico che garantisce una certa ermeticità e quindi impedisce, di fatto, che il vino si ossidi a contatto con l’aria. Insomma: il vecchio detto secondo cui nella botte piccola c’è il vino buono non è assolutamente privo di fondamento. 

Dopo il periodo di maturazione (che può variare da pochi mesi per i vini più beverini a quattro o cinque anni per quelli più strutturati) arriva il momento di imbottigliare. In genere, una bottiglia non viene messa in commercio subito dopo essere stata riempita. C’è sempre bisogno di un periodo più o meno lungo di affinamento e stabilizzazione affinché il prodotto finale risulti equilibrato e godevole al palato, senza spigolature o aromi che coprano qualunque altro sentore. 

Anche questa fase non è strutturalmente definita: si va da un minimo di 2 o 3 mesi a un massimo di 6, anche se sarà l’enologo, di volta in volta, a stabilire l’esatto momento in cui un vino può dirsi pronto. Una volta messo in commercio il vino affronterà, poi, un vero e proprio ciclo biologico – proprio come quello degli esseri viventi – che lo porterà dalla gioventù alla maturazione, sperando di non arrivare mai alla morte, ossia: al suo deterioramento irreversibile.

Per questo: se non disponete di locali o attrezzature adeguate, sarà inutile conservare un vino in bottiglia per dieci anni, magari sulle mensole della cucina. Se proprio dovete fare questo sgarbo, tanto vale berlo subito!

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